Lo Storytelling di Donald Trump: la battaglia permanente tra Capitol Hill e l’attentato a Butler

Lo Storytelling di Donald Trump: la battaglia permanente tra Capitol Hill e l’attentato a Butler

Introduzione

Lo storytelling è diventato un elemento cruciale nella comunicazione politica contemporanea. Tra i leader politici moderni, Donald Trump si è distinto per la sua capacità di costruire e mantenere una narrazione potente e coinvolgente. Analizzare in profondità lo storytelling di Trump, significa esaminare il tragitto antropologico di una battaglia permanente del Tycoon capace di modellare esperienze di senso attorno al tema di una violenza strutturale che, il giorno dell’attentato in Pennsylvania si ritorce contro il proprio narratore.

La Narrazione come Strumento Politico

Secondo Walter Fisher (1984), gli esseri umani sono essenzialmente “homo narrans” – creature che comprendono e danno senso al mondo attraverso le storie. La sua teoria del “paradigma narrativo” suggerisce che le persone sono più facilmente persuase da storie coerenti e risonanti piuttosto che da argomentazioni puramente logiche. Ciò evidenzia la caratterizzazione specifica di personaggi in grado di produrre un racconto verosimile e creare un modello di realtà da condividere nella totale rappresentazione degli eventi. Per costruire una storia in grado di legittimare determinate azioni, è necessario definire un mito in base ad una selezioni di archetipi riconoscibili e universali; ad esempio l’eroe che combatte contro il sistema corrotto, una storia che si configura come elemento d’identificazione di una parte di elettorato.

La Struttura della Narrazione di Trump

La narrazione di Trump si basa su una visione dualistica del mondo perennemente in battaglia, caratterizzata da elementi chiaramente definiti:

1. Eroi

  • Donald Trump: al centro della narrazione c’è Trump stesso, l’outsider che sfida l’establishment. Questa rappresentazione risuona con l’archetipo dell’eroe descritto da Joseph Campbell (1949) nel suo “viaggio dell’eroe”.
  • I Sostenitori di Trump: dipinti come veri patrioti, rappresentano l’America “dimenticata”. Questa caratterizzazione riflette la teoria dell’identità sociale di Tajfel e Turner (1979), che sottolinea come le persone derivino parte della loro identità dall’appartenenza a gruppi sociali. Il riconoscimento degli altri diventa il fattore fondamentale per la costruzione della propria identità che presenta dei fattori connettivi in grado di definirsi come gruppo all’interno di un contesto costruito narrativamente.

2. Nemici

  • La “Sinistra Radicale”: presentata come una minaccia esistenziale ai valori americani. Questo rientra nella teoria della “politica dell’ansia” di Albertson e Gadarian (2015), che esplora come la paura possa essere utilizzata per mobilitare il sostegno politico. Nel racconto “sovranista”, la “Sinistra” è il male assoluto che avvolge qualsiasi dimensione della società americana: un morbo che si riflette nella cultura e nell’istruzione.
  • I Media Mainstream: dipinti come manipolabili e manipolati nel produrre “fake news”, riflette un retropensiero comune in merito alla funzione politica dei media di influenzare l’opinione pubblica marginalizzando certe voci.
  • Le Élite Politiche: presentate come corrotte e distaccate, richiamando la teoria populista di Cas Mudde (2004) che contrappone “il popolo puro” all'”élite corrotta”. Un conflitto manicheo che orienta il dibattito politico in coordinate “alto” e “basso” in sostituzione di “destra” e “sinistra”.

3. Alleati

  • Famiglia e Consiglieri Fidati: Presentati come leali sostenitori, riflettendo l’importanza delle reti di fiducia nella politica, piccoli gruppi consolatori che costituiscono il riposo dell’eroe prima dell’inizio delle battaglie.
  • Gruppi di Supporto: organizzazioni come i Proud Boys, visti come difensori dei valori americani. I gruppi si mobilitano intorno alla condivisione di una storia che possa coinvolgere determinate aspettativi in un orizzonte di senso da conquistare e difendere.

4. Sfide

  • Elezioni “Truccate”: la narrazione delle elezioni rubate riflette un elemento di delegittimazione dei sistemi istituzionali; ormai totalmente corrotti dai poteri occulti del male assoluto, la “Sinistra”.
  • Crisi Nazionali: presentata come la sfida tangibile dell’eroe facendo leva su gruppi emarginati e in difficoltà, cavalcando stereotipi comuni e proponendo soluzioni semplicistiche a problemi da affrontare in maniera olistica.

L’Evoluzione della Narrazione

La narrazione di Trump non è statica, ma si è evoluta nel tempo per adattarsi agli eventi e alle sfide.

La Campagna del 2016: L’Outsider contro l’Establishment

Durante la campagna del 2016, Trump si è posizionato come un outsider anti-establishment. Questo framing ha risuonato con la teoria del populismo di Laclau (2005), che vede il populismo come un modo di articolare domande sociali insoddisfatte.

La Presidenza: “Make America Great Again”

Come presidente, Trump ha mantenuto un racconto di “noi contro loro”, ma con un focus su risultati tangibili come la crescita economica e la nomina di giudici conservatori. Questo riflette la teoria del “performance politics” di Mor (2012), che enfatizza l’importanza della performance percepita dei leader politici.

Post-Presidenza e l’Attentato del 2024

L’attentato del 2024 a Butler ha rappresentato un punto di svolta cruciale. L’esclamazione “fight, fight, fight” di Trump dopo essere stato ferito ha intensificato la narrazione di “guerra civile”. Questo evento può essere analizzato attraverso la lente della “drammaturgia politica” di Jeffrey Alexander (2010), che vede gli eventi politici come performance culturali cariche di significato simbolico. L’attentato in Pennsilvanya segnala un punto di chiusura di una parte di narrazione, promettendo un’evoluzione dell’eroe in relazione alle ferite e configurano uno stato di trasformazione per un racconto diverso: il martirio, l’eroe protetto da Dio.

La struttura narrativa del racconto di “battaglia permanente” di Donald Trump

Comparazione tra l’Assalto di Capitol Hill e l’Attentato a Trump del 2024

Gli eventi dell’assalto al Capitol Hill del 6 gennaio 2021 e l’attentato a Donald Trump del 13 luglio 2024 in Pennsylvania rappresentano due momenti chiave nello storytelling politico di Trump. Entrambi gli eventi hanno forti implicazioni sociali e comunicative, riflettendo e rafforzando la narrazione di “guerra civile” che Trump ha promosso. Analizzare questi eventi dal punto di vista dello storytelling permette di comprendere come siano stati utilizzati per modellare la percezione pubblica e mobilitare il supporto.

Elementi Comuni

Uno dei principali elementi comuni tra i due eventi è il racconto di una battaglia permanente. Entrambi sono inseriti in una narrazione in cui Trump si presenta come il leader di un conflitto epico per salvare l’America dalle forze ostili, la “Sinistra” e i “Democratici”. Tale struttura narrativa serve a modellare i suoi sostenitori, dipingendoli come patrioti che combattono contro nemici interni ed esterni.

Il simbolismo e la performatività sono aspetti chiave di questi eventi. Trump utilizza frasi cariche di significato per incitare e motivare i suoi seguaci. Durante l’assalto al Capitol Hill, la frase “Stay back, stay ready” ha sottolineato un’attitudine di prontezza e resistenza, mobilitando i Proud Boys, sostenitori raccontati come milizie private. Dopo l’attentato del 2024, ripetendo “fight, fight, fight”, Trump ha enfatizzato la necessità di una lotta continua e vigorosa, rafforzando il senso di urgenza e determinazione tra i suoi sostenitori.

Entrambi gli eventi hanno mobilitato forti emozioni tra i sostenitori di Trump, trasformando sentimenti di rabbia e ingiustizia in azioni concrete. L’uso di retorica infiammatoria ha alimentato un senso di comunità e missione tra i suoi seguaci, legandoli attraverso una causa comune.

Elementi Differenti

Esistono due elementi di differenziazione tra i due eventi: il contesto e gli obiettivi. L’assalto a Capitol Hill era un tentativo diretto di interrompere il processo democratico, rappresentando un attacco simbolico al cuore della democrazia americana. Il messaggio era chiaro: resistere contro un sistema percepito come corrotto. L’attentato del 2024 è stato invece interpretato come un attacco personale contro Trump. La sua reazione ha spostato la narrazione da un’azione collettiva a una battaglia personale e intima per la sopravvivenza e la giustizia.

Le reazioni pubbliche e mediatiche hanno mostrato differenze significative. L’assalto al Capitol Hill ha ricevuto una condanna globale immediata, mentre il sostegno ai partecipanti è rimasto confinato a segmenti più estremi della base di Trump. L’attentato a Trump ha suscitato una risposta emotiva più diretta, consolidando il sostegno dei suoi seguaci e presentandolo come una vittima eroica. Questo ha permesso a Trump di rafforzare ulteriormente la sua immagine di leader perseguitato ma indomabile.

Un altro aspetto differente è la narrazione del leader. Nel contesto di Capitol Hill, Trump si è posizionato come il comandante che incita le truppe. La sua frase “Stay back, stay ready” implica una strategia a lungo termine e una preparazione costante. Dopo l’attentato, il ripetuto “fight” rappresenta una chiamata immediata all’azione, una risposta diretta alla violenza subita e un appello alla resistenza incessante. Questo sposta la narrazione su un piano di urgenza e necessità di difesa immediata.

Trump costruisce un’epica personale, dove ogni evento diventa una prova della sua missione divina di salvare l’America. Questo storytelling rafforza la costruzione di “senso” dei suoi seguaci, che vedono in lui un messia politico. L’uso di retorica bellicosa legittima implicitamente la violenza come mezzo di difesa e resistenza. Frasi come “fight, fight, fight” non solo incitano all’azione, ma normalizzano la violenza politica come parte della lotta per la libertà. Questa narrazione contribuisce a una crescente polarizzazione, dove il mondo è diviso in amici e nemici. La retorica di Trump mobilita i suoi seguaci attraverso la paura e l’odio, cementando un’identità collettiva basata sulla resistenza contro un nemico comune.

Conclusioni

La comparazione tra l’assalto al Capitol Hill e l’attentato a Trump del 2024 evidenzia come la narrazione di Trump sia una costruzione complessa e strategica, mirata a rafforzare il suo ruolo di leader in un’epica di guerra civile. Entrambi gli eventi, sebbene diversi per contesto e obiettivi, sono stati utilizzati per rafforzare la retorica di una battaglia continua e legittimare la sua leadership. La comprensione di questo storytelling è cruciale per analizzare le dinamiche politiche e sociali che continuano a plasmare il panorama americano. E’ interessante evidenziare come l’attentato a Trump possa chiudere un determinato arco narrativo e presentare una costruzione di un intreccio con situazioni differenti, a cominciare ad un eroe benedetto da Dio, altro stereotipo comune all’immaginario americano.